Parlare di rivoluzione
industriale significa alludere all'avvio del processo di
industrializzazione che ebbe luogo in Inghilterra nella seconda metà del
settecento. La disponibilità di materie prime a buon prezzo, il controllo delle
vie commerciali e dei mercati coloniali, la disponibilità per il lavoro di
fabbrica di masse di lavoratori espulsi dalle campagne, e la disponibilità di
nuove tecnologie, gettano ottimi presupposti per l’avvio di questo
processo di grande cambiamento.
La rivoluzione industriale è un
processo di evoluzione economica che da un sistema agricolo-
artigianale- commerciale- porta ad un sistema industriale moderno
caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia
meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate
(come ad esempio i combustibili fossili).
La parola rivoluzione nasconde uno sviluppo
che in realtà è stato molto graduale. Effettivamente però il processo di
industrializzazione ha cambiato la storia degli uomini: dalla cosiddetta
‘rivoluzione neolitica’ non vi è stato nella storia umana un cambiamento più
grande. In ogni caso, il nuovo modo di produrre proveniente dall'Inghilterra
il modo industriale, o capitalistico (come dirà poi Marx), si diffuse
rapidamente in tutto il continente, per spostarsi poi verso il resto del mondo.
Il modo di produrre introdotto in questo periodo lo distingue da tutti i suoi
precedenti: ha la capacità di far crescere con una certa regolarità la
produzione. Da questo momento in poi le società sono capaci non solo di
produrre,
ma di accrescere il loro prodotto, ovvero
di svilupparsi economicamente.
Nasce così la classe
operaia che riceve, in cambio del
proprio lavoro e del tempo messo a disposizione per il lavoro in fabbrica, un salario. Sorge allo stesso tempo il capitalista industriale, imprenditore proprietario
della fabbrica e dei mezzi di
produzione, che mira esclusivamente ad incrementare il profitto della
propria attività.
La rivoluzione industriale provocò
complessivamente un impressionante aumento della ricchezza, che andò
principalmente a favore delle classi alte, anzitutto della borghesia
capitalistica. Gli operai dal canto loro ricevevano bassi salari, e le donne e
i bambini - impiegati su vasta scala - retribuzioni ancora inferiori. In
generale i lavoratori non potevano fare affidamento su un impiego stabile,
poiché ogni fase sfavorevole del ciclo produttivo causava ondate di
disoccupazione senza che essi potessero contare su alcuna forma di protezione
sociale. Gli orari di lavoro erano mediamente da 13 a 15 ore giornaliere. I
ragazzi con più di 6 anni erano impiegati in larga misura in fabbrica; e con
essi persino bambini di 5 o addirittura di 4 anni.
Di questo sfruttamento
della forza lavoro, e della pessima condizione dei minori, Dickens ne parla nel
suo celebre libro ‘Oliver Twist’.
Oliver Twist
Dickens ha scritto quello
che è diventato un classico della letteratura universale a soli venticinque
anni. E come altri lavori di Dickens, Oliver Twist mette in evidenza diversi
problemi sociali dell’Inghilterra nella prima metà del 1800, come il lavoro minorile,
il reclutamento dei bambini per il crimine e le condizioni di degrado delle
città.
Ambientato in Inghilterra
all'inizio del XIX secolo, "Le avventure di Oliver Twist" racconta
l'appassionante storia di un orfanello, cresciuto in un ospizio di mendicità,
che viene costretto ad unirsi a una banda di malviventi e a partecipare con
questi a furti e rapine. Oliver vive un’infanzia di sofferenza, subisce
maltrattamenti ed è costretto a patire fame ed umiliazioni. Nessuno lo può
aiutare, ogni bambino dell’ospizio ha il solo scopo di sopravvivere a quella
miserevole e disumana esistenza.
Egli inizialmente non è
consapevole della risma delle persone che lo stanno accogliendo, ma pian piano
ne avrà coscienza. Oliver è buono e ingenuo e, nonostante tutte le sofferenze,
è incapace di provare risentimento o odio. Dopo innumerevoli, drammatiche
peripezie, e con l'aiuto di alcune persone che si affezionano a lui, Oliver
riesce tuttavia a trovare la strada verso la redenzione e la felicità.
Rappresenta la lotta dell’Innocenza
contro il Male. Nella sua ottica di bimbo il mondo degli adulti è
incomprensibile.
Maestro ineguagliabile dell'intreccio e delle profonde emozioni, Dickens ha intessuto una storia che non conosce un attimo di sosta, una storia che continua ad avvincere e a commuovere i lettori di ogni paese e di ogni età.
Maestro ineguagliabile dell'intreccio e delle profonde emozioni, Dickens ha intessuto una storia che non conosce un attimo di sosta, una storia che continua ad avvincere e a commuovere i lettori di ogni paese e di ogni età.
Dickens si sofferma nella
denuncia delle condizioni di vita in quelle che erano le Workhouses.
Una Workhouse era un luogo dove persone che
non erano in grado di sostenersi potevano andare per vivere e lavorare.
L'immagine della desolata, inospitale Workhouse è una delle incrollabili
impressioni dell'Inghilterra Vittoriana.
Nel 1834, solo 3 anni prima che Vittoria divenne Regina,
passò un atto parlamentare chiamato "Poor Law Amendment Act". Come
risultato di ciò, molte workhouses furono costruite per sistemare persone
povere. Erano state progettate per essere così rigide e oppressive che solo i
veri bisognosi avrebbero cercato un rifugio in esse.
Si sperava che le case di lavoro avrebbero
risolto il problema della povertà poiché molte persone ricche credevano che le
persone erano povere a causa della loro pigrizia, e li chiamavano
"undeserving poor" ovvero poveri indegni.
Molte famiglie erano così povere da venir classificate come "paupers". "Pauperism" era un termine usato per descrivere persone che non avevano modo di mantenersi. Ma la povertà non era causata da pigrizia, come credevano i benestanti, ma dalla disoccupazione, dall'incremento della popolazione e dai prezzi alti del cibo.
Sfortunatamente, molti di loro morivano nelle workhouse a causa delle terribili condizioni.
Ancora peggio, alcuni bambini che nascevano nelle workhouse non vedevano mai il mondo esterno.
Molte famiglie erano così povere da venir classificate come "paupers". "Pauperism" era un termine usato per descrivere persone che non avevano modo di mantenersi. Ma la povertà non era causata da pigrizia, come credevano i benestanti, ma dalla disoccupazione, dall'incremento della popolazione e dai prezzi alti del cibo.
Sfortunatamente, molti di loro morivano nelle workhouse a causa delle terribili condizioni.
Ancora peggio, alcuni bambini che nascevano nelle workhouse non vedevano mai il mondo esterno.
Ed è proprio per questi motivi che Charles
Dickens ne parla, volendo denunciare la povertà che ampiamente dilagava
all’epoca, gli abusi e i soprusi dei potenti; le malattie, l’enorme sofferenza
della classe operaia che, gravata dalla profonda povertà, era costretta a
rifugiarsi in questi luoghi infimi, sudici e senza speranza di futuro.
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